La durabilità del legno travalica i confini di qualsiasi intervento contingente con scopo primario, o esclusivo, di risolvere problemi contingenti.
Ciò che la rende possibile va oltre le contingenze nella sequenza dei problemi da risolvere, perchè attenta anche ai bisogni da soddisfare.
Questi non sempre sono consapevoli ed espressi dal committente e non sempre vengono percepiti dal professionista, che, invece, dovrebbe farsene mentore. Richiedono senso di responsabilità, spirito di servizio e visione d’insieme.
Questo dovrebbe essere, non un atteggiamento mentale espresso dal singolo, ma un valore culturale collettivo.
Nei cicli formativi di Istituti e Atenei per professionisti della progettazione e della cantieristica, i programmi che riguardano il legno sono frammentati e lacunosi; fra gli specialisti autorevoli è diffusa la convinzione che la cultura del legno sia debole in Italia, mentre una parte degli operatori, purtroppo, non si pone il problema. La contingenza non impone necessariamente profonda consapevolezza e cultura.
Nell’ambito dei Beni Culturali e della conservazione il problema non si pone, perché la cultura del legno è un tipico retaggio dei conservatori, i cui programmi formativi si fondano sulle linee guida di Giovanni Urbani. Le difficoltà nascono, anche per i conservatori, quando devono rapportarsi con il mercato, non preparato e non in grado di capire i bisogni veri della conservazione, che vanno oltre la contingenza dei problemi da risolvere.
Istituti tecnici e atenei dovrebbero porsi questo problema e, per colmare le lacune dei programmi formativi, farsi promotori di una cultura del legno rivoluzionaria rispetto al passato. L’auspicio è che i professionisti del legno possano divenire, come i conservatori, non solo operativi, ma anche consapevoli guardiani della sua durabilità nel tempo.